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venerdì 19 maggio 2017

Eris Pluvia – Different Earths, di Alberto Sgarlato


Eris Pluvia – Different Earths
(2016)
di Alberto Sgarlato


Articolo già apparso su MAT2020 di febbraio

Se siete appassionati di prog, e in particolar modo di rock progressivo italiano, non potete ignorare il nome degli Eris Pluvia. Quel capolavoro che fu “Rings of earthly light” innegabilmente fu tra i dischi che segnarono la piena rinascita del movimento progressivo nel corso della prima metà degli anni ’90, una vera e propria perla che ha portato la band ligure in giro sui palchi di Brasile, Corea del Sud, Francia, Giappone e USA. In quel periodo la scena italica, dopo essersi letteralmente eclissata nei primi anni ’80, era tornata, dalla fine del decennio, più viva e roboante che mai.
Gli Eris Pluvia segnavano anche la rinascita della nobilissima scuola genovese del prog, che tanti maestri indiscussi del genere aveva forgiato negli anni ’70 e tanti ne continua a sfornare ancora adesso. Nella band militò anche un nome illustre come Edmondo Romano, che nel corso della sua carriera ha prestato e continua a prestare le sue prodezze con le ance degli strumenti a fiato a nomi come Vittorio De Scalzi, Picchio dal Pozzo, diversi cantautori e numerose folk-bands.
La storia degli Eris Pluvia, però, come spesso è accaduto a tantissime bands italiane del circuito più indipendente, è stata travagliata, sofferta, segnata da cambi di formazione, scioglimenti, lunghi periodi di pausa e persino lutti. Oggi la band è portata avanti con orgoglio e determinazione da Alessandro Cavatorti, chitarrista appartenente alla formazione originale del 1988, che però già negli anni ’90 era uscito dal gruppo.
E veniamo finalmente a oggi: già come suona anche solo a pronunciarlo, quel titolo “Different Earths”, pare al tempo stesso estremamente simile, dal punto di vista fonetico, a “Rings of earthly light”, ma sembra anche una presa di distanza, con quel “Different” che sottolinea qualcosa di diverso.
Diverso nella continuità, però. Per chi, come il sottoscritto è stato adolescente negli anni ‘80, e quindi appartiene a quella generazione che si affacciava al prog proprio in quel periodo di nobile rinascita, un album così è come zucchero per le orecchie. Tutto: le sonorità, la produzione, i lunghi tappeti distesi delle tastiere, gli effetti sulle chitarre, le linee di batteria, richiama in modo inequivocabile e incontrovertibile a una determinata scena musicale.


Insomma: chi ha amato gli Eris Pluvia del loro periodo d’oro, ma non soltanto, chi ha seguito con emozione i primi passi dei gruppi italiani e stranieri loro contemporanei, tra la fine degli ’80 e i primi ’90, si ritroverà molto in questo disco, lo scoprirà con interesse e, nelle sue sfumature e sfaccettature, assaporerà un gusto da “madeleine proustiana” che farà affiorare tanti emozionanti ricordi su quel magico tempo progressivo che fu.

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