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giovedì 31 maggio 2018

Goblin: accadeva nella primavera del 1975

Nella primavera del 1975 usciva Profondo Rosso, colonna sonora dell'omonimo film di Dario Argento suonata dai Goblin.
Ancora oggi è l'album che più li rappresenta. Peccato che poi il gruppo si è frazionato - una specie di "New Trolls Horror" - in varie formazioni dai nomi diversi!
Di tutto un Pop.
Wazza


«In realtà quando Dario Argento ci chiamò nel '75 noi dovevamo essere l'ennesimo gruppo che eseguiva le musiche di un altro compositore. Nel nostro caso, Giorgio Gaslini. Invece fortunatamente le cose si sono ribaltate perché durante la lavorazione accadde qualcosa che allontanò Gaslini da Argento. Gaslini lasciò il set e Dario chiese a noi Goblin di scrivere completamente le musiche. Da lì sono nati brani come Profondo Rosso, Death Dies e Mad Puppet. Tutta la prima facciata dell'album 33 giri. Mentre il lato B del disco erano le musiche di Gaslini eseguite da noi. Poi ci sono anche dei pezzi strumentali fatti con l'orchestra che erano stati registrati precedentemente. (...) Dopo il successo di Profondo Rosso, improvvisamente hanno iniziato a chiederci di comporre musiche per altri film. Non eravamo più un gruppo rock ma compositori di musiche da film. Alla stregua di Morricone, Cipriani ed altri che c'erano all'epoca. Ci siamo ritrovati addirittura a musicare film polizieschi, commedie, film come "La via della droga", "Squadra antigangster" con Tomas Milian. Abbiamo fatto addirittura un film d'amore che si chiamava "Amo non amo". I grandi musicisti del settore cinematografico ci guardavano con grande sospetto. Effettivamente non so cosa pensassero di noi. Ad ogni modo siamo stati una mosca bianca nel panorama italiano e abbiamo avuto una carriera anche piuttosto breve. Una carriera lampo di un gruppo che appartiene comunque alla storia della musica italiana. O almeno credo. Insomma, posso dirlo anche immodestamente ma penso che sia vero».

Claudio Simonetti




martedì 29 maggio 2018

Luciano Chessa e le canzoni lo-fi tornano su cassetta con Canti felice



Skank Bloc Records pubblica il nuovo lavoro del compositore italiano residente in USA. Brani propri e anomale cover di Lucio Battisti, Enzo Carella, Flavio Giurato, Donovan e Syd Barrett, con la complicità di Pasquale Panella
Canti felice: Luciano Chessa e le sue canzoni lo-fi tornano su cassetta


LUCIANO CHESSA
Canti felice
Skank Bloc Records 2018
(distr. Spotify, BandCamp, Deezer etc.)
12 brani, 38.03 minuti



Bandcamp:

Spotify:


"Alla fine degli anni '90 smisi di scrivere canzoni perché da una parte mi sembrava avesse poco senso esprimermi in italiano davanti ad un pubblico anglosassone, e dall’altra constatai in prima persona che in Italia i pochi produttori interessati al tipo di musica che io scrivevo non avrebbero potuto pubblicare miei lavori senza un impegno da parte mia a promuovere le uscite discografiche con esibizioni dal vivo. Si sarebbe trattato di un suicidio editoriale.
Dopo una collaborazione con Vinicio Capossela durante il suo tour in California nel 2009, mi resi conto che cantare in italiano davanti ad un pubblico straniero non sembrava fosse un così grande ostacolo, soprattutto quando introduzioni in inglese ai brani ben fatte offrivano al pubblico quel minimo di contesto utile per seguire il concerto ed emozionarsi. Scrivere canzoni mi stava maledettamente mancando e Lapo Boschi di Skank Bloc Records è stato il principale artefice: è stato lui, tentatore, a riattizzare quel desiderio mai sopito. “Fu come soffiare sul fuoco”, e il fuoco si è riacceso".

Parte da lontano, il rapporto con la canzone italiana di Luciano Chessa. Una canzone minimale, scarna, scheletrica, ancora più sorprendente se pensiamo che proviene da un compositore italiano che dialoga con l'estero e che nel corso degli ultimi anni si è espresso - con apprezzamenti raccolti in tutto il mondo da importanti critici e grossi musicisti - nel campo della musica colta contemporanea. Eppure il nuovo album - anzi cassetta, si tratta pur sempre dell'originale Skank Bloc, devota al nastro, altro che dischetti e vinili - Canti felice proviene da un percorso mai interrotto, da frammenti e idee risalenti alla fine degli anni '90 e ripresi con intatta magia, come ricorda Chessa: "Mi ha molto sorpreso il fatto che ho ripreso esattamente dal punto in cui avevo interrotto il lavoro in quaderni: riaprirli mi riportava d’incanto al 30 agosto 1998, data in cui abbandonai il campo e partii per la California per iniziare il dottorato. Una sorta di Pompei dell’anima in cui tutti i miei sentimenti erano rimasti fissati in quella data e perfettamente cristallizzati: insetti nell’ambra. Eppure in questo processo di completamento non sento affatto uno iato".

Canti felice è una musicassetta. Lato A e lato B, senza possibilità di sbagliarsi. All'insegna di una sorta di "autarchia compositiva ed esecutiva" e di un blocco sonoro creato da voce, chitarre ed elettronica (ottenuta con il sintetizzatore Aardvark a differenza del violoncello rumorista dei precedenti lavori) inciso su un registratore 4 piste anni '90, Canti felice contiene canzoni in italiano che aprono uno spiraglio sorprendente sul mondo interiore di Chessa, sui suoi ascolti, il suo cammino, il suo universo musicale e letterario nel quale convivono Dalla e D'Annunzio, il Battisti dell'era Panella e Carducci. La prima facciata, composta da brani i cui elementi originari risalgono ai famosi quaderni pre-californiani, contiene ad esempio pezzi come Certe volte, legato a una delle figure più enigmatiche della cultura popolare italiana, Pasquale Panella: "Ho musicato D’Annunzio e l’amato Carducci, ma un poeta vivente non l’avevo ancora musicato: e così l'ho fatto con Certe volte di Panella, testo che lui ha scritto per me ed è a me scherzosamente diretto, ad iniziare dal riferimento alla città in cui ho lavorato per vent’anni, San Francisco. In un concerto luganese avevo deciso di rifare Vocazione di Enzo Carella, così scrissi a Panella per avere lumi su alcuni termini, lui mi rispose con una missiva alquanto dettagliata in cui non solo mi sciolse gli enigmi, ma mi analizzò l’intero testo. Al mio ringraziamento, seguì questa risposta: «Si figuri: canti felice» (con Pasquale ci diamo del lei, cosa che trovo deliziosamente inattuale). E così nell’immaginare un titolo appropriato per queste 12 canzoni – di cui tre su testi di Panella – lo scanzonato, sfacciato candore di quel congiuntivo esortativo panelliano mi è parso perfetto".

I cinque brani della facciata B? Classici/anti classici come Il tuffatore (Flavio Giurato), Tra il canneto e il fiume (traduzione di Lord Of The Reedy River di Donovan Leitch), Gabbianone (Battisti-Panella, il famoso inedito), Opel (Syd Barrett) e Vocazione (Enzo Carella). Al di là della figura ricorrente di Panella, autore del testo di Certe volte ma anche di Gabbianone e Vocazione, il filo conduttore di Canti felice è una sorta di dialogo interno al materiale, valorizzato anche dallo spirito "artigianale" che ha spinto Chessa a cimentarsi con la canzone lo-fi. A differenza di Petrolio, prodotto interamente nei Fantasy Studios di Berkeley, lo studio dei Creedence Clearwater Revival, Chessa è tornato al passato anche nei luoghi e nei metodi di registrazione, con una scommessa che funge da "concept" dell'intera operazione. Dichiara l'autore: "La scommessa era questa: registrare Canti felice utilizzando lo stesso identico setup che negli anni ’90 usai per registrare il mio primo disco, Humus: stesso registratore 4 piste a cassetta (riparato per l’occasione), stessa chitarra, stesso microfono. È facile nascondersi dietro effetti e produzioni. Ora come allora ho pensato: se questi brani valgono qualcosa, lo si potrà verificare soltanto se si azzerano i valori voluttuari di disturbo: solo questo potrà darci la misura di quanto si è effettivamente cresciuti. Ora come allora quindi, il fruscìo del nastro, la fragilità della voce, l’imprecisione delle esecuzioni non sono semplicemente una “feature”: diventano bandiera".

Chitarre, Voci, Sonomatics Aardvark Synthesizer, Sonagli: Luciano Chessa


CANTI FELICE: una conversazione con Luciano Chessa

Com'è strano che per un disco così minimale – voce, chitarre e elettronica ridotte all’osso – ci sia così tanto da dire, ma quando l'autore è una personalità come Luciano Chessa, tutto torna. E torna all’insegna dell’italiano, che non hai dimenticato nonostante tu viva in America da tanti anni.

Peyrano, il disco di canzoni che precede Canti felice, fu registrato a fine anni ’90: prima del mio trasferimento in California. Come ho spiegato già in altre occasioni [vedi The new noise: https://www.thenewnoise.it/luciano-chessa], smisi di scrivere canzoni perché da una parte mi sembrava avesse poco senso esprimermi in italiano davanti ad un pubblico anglosassone, e dall’altra constatai in prima persona che in Italia i pochi produttori interessati al tipo di musica che io scrivevo non avrebbero potuto pubblicare miei lavori senza un impegno da parte mia a promuovere le uscite discografiche con esibizioni dal vivo. Si sarebbe trattato di un suicidio editoriale, cosa che John Vignola in buona sostanza mi disse per far retromarcia, dopo che aveva espresso il desiderio di pubblicare il mio Peyrano.
In seguito ho riconsiderato queste posizioni. Un primo ripensamento avvenne  in occasione di una collaborazione tra me e Vinicio Capossela durante il suo tour in California nel 2009. Per lui feci una revisione dei testi in inglese che lui usava per presentare i vari brani, oltre che la traduzione in inglese della sua Santissima dei Naufragati che poi su suo invito cantammo a due voci (lui in italiano e io in inglese, in eco) al Bimbo’s 365 di San Francisco, lo storico club in cui iniziò la carriera Rita Hayworth (Rita Cansino) e in cui ora cantano Adele e Jill Scott. Cantare in italiano davanti ad un pubblico straniero non sembrava fosse un così grande ostacolo, soprattutto quando introduzioni in inglese ai brani ben fatte (modestia a parte) offrivano al pubblico quel minimo di contesto utile per seguire il concerto ed emozionarsi. Negli anni mi sono poi reso conto che stavo rientrando in Europa per concerti spesso anche tre volte all’anno (ora che mi sto trasferendo a New York queste visite sono destinate ad aumentare); inoltre – questa è forse la ragione più importante – scrivere canzoni mi stava maledettamente mancando.
In questo processo Lapo Boschi di Skank Bloc Records è stato decisamente il principale artefice: è stato lui, tentatore, a riattizzare quel desiderio mai sopito. “Fu come soffiare sul fuoco”: e così dopo avermi prima chiesto di aggiungere almeno un brano originale alla raccolta di outtakes o brani dal vivo del 2014 che è Entomologia (il brano in questione si intitola Sul Viale delle Olimpiadi), e poi suggerito di preparare un altro disco, il fuoco si è riacceso.

Un fuoco riacceso che ti ha consentito di ripartire, evidentemente con familiarità, da un preciso punto.

Mi ha molto sorpreso il fatto che ho ripreso esattamente dal punto in cui avevo interrotto il lavoro in quaderni: testi pronti e mai musicati sono stati musicati (Vedutisti sbiaditi, Se spirasse), testi appena iniziati sono stati stesi integralmente (de Il velo avevo solo il primo endecasillabo, oltre che ovviamente l’idea del brano). Riaprire quei quaderni mi riportava d’incanto alla fine degli anni ’90: al 30 Agosto del 1998, per esattezza: data in cui abbandonai il campo e partii per la California per iniziare il dottorato. Una sorta di Pompei dell’anima in cui tutti i miei sentimenti erano rimasti fissati in quella data e perfettamente cristallizzati: insetti nell’ambra. Eppure in questo processo di completamento (almeno a quanto posso dire), non sento affatto uno iato.
           
Che differenze ci sono tra i precedenti lavori Peyrano ed Entomologia e il nuovo Canti felice?

Il grosso dei brani di Peyrano e di Entomologia sono stati scritti in una fase in cui mi piaceva lavorare con altri musicisti e avevo un gruppo, e sono stati scritti per il gruppo e con in mente concerti dal vivo. Includono poi le prime canzoni che ho scritto (un esempio è Dubbio). Questa fase costituiva un’antitesi al mondo della musica classico-contemporanea dal quale di fatto provenivo. Si tratta di un percorso non lineare, il mio, come si può notare dando un’occhiata alle date di composizione di alcuni brani (in Petrolio ne trovi scritti nel 1983 e 1987: e quindi brani che precedono le mie prime canzoni, scritte verso la fine degli anni ’80).
Dopo gli anni di Peyrano, e una volta arrivato negli Stati Uniti, l’attività è ritornata sulla composizione sperimentale. E se pure questa attività ha incluso  arrangiamenti di alcune mie canzoni in un contesto da camera o orchestrale (Il pedone dell’aria, Strelitzie…), in questo periodo il lavoro sul contemporaneo ha preso il sopravvento (ho scritto due opere, ho iniziato il lavoro con l’Orchestra of Futurist Noise Intoners, eccetera…).

In un brano di Entomologia – Sul Viale delle Olimpiadi – c’è una sorta di anticipazione del clima di Canti felice. E in linea di massima è possibile rinvenire una continuità tra i lavori.

Sul Viale delle Olimpiadi, il brano istigato da Lapo, rappresentava allora una sintesi delle mie esperienze dei 20 anni precedenti: canzoni in italiano + musica sperimentale/contemporanea/ noise. È una sorta di prova generale di quello che sarà il mondo di Canti felice: voci, chitarra e una linea di noise. Unica differenza è che in Canti felice ho deciso di utilizzare un filo di suono elettronico (principalmente sinusoidi e rumore bianco) invece che il violoncello rumorista.
A parte le molte differenze, secondo me vale la pena sottolineare la continuità d’idee. Carpe, per esempio, il brano-manifesto che apriva Humus, o Insetti nell’ambra, o il brano di chiusura Stelleradio, erano già registrati con voci, chitarra e noise (in questo caso realizzato con una chitarra elettrica distorta da fischiare). Sia Humus che Canti felice sono nati in una fase in cui ho preferito suonare da solo, e sono stati registrati nello stesso modo; ciò nonostante, lo sviluppo di idee e temi ha continuato anche in album principalmente registrati in studio con un gruppo, come Peyrano ed Entomologia.
Inoltre Peyrano, composto e registrato negli anni ’90 (e quindi in tempi in cui mostrare un’apertura nei confronti della canzone d’autore italiana veniva – da parte dalle figure più “hard-edge” della scena – considerato alto tradimento) includeva la cover di Ulisse coperto di sale. Brano del periodo d’oro di Lucio Dalla, quello con i formidabili testi di Roberto Roversi, iniziai a suonarlo dal vivo con il mio gruppo dopo aver incontrato Dalla durante i miei anni di Università a Bologna. Le cover di Giurato e Battisti in Canti felice e altre (di Tenco, Bertè (Fossati), Mannoia (Cavallo), eccetera) non incluse nella tracklist finale di Canti felice testimoniano lo svilupparsi di questa mia passione per la canzone d’autore italiana.

Canzone d’autore, ma anche letteratura, penso a La Spendula che evoca elementi dannunziani…

Ho ricomposto Fiori di Plastica, un brano scritto a quattro mani con Marco Pinna, amico e collaboratore dai tempi del liceo, alla luce del mio primo viaggio in Brasile, e ho chiesto sempre a Marco, ora docente di latino, di partecipare alla mia fantasiosa missione: forgiare il “Sassarese illustre” con una traduzione in sassarese di La Spendula. Si tratta del sonetto che Gabriele D’Annunzio stese quando visitò la cascata della Spendula, nei pressi di Villacidro, durante il noto viaggio in Sardegna con Edoardo Scarfoglio (questo ben prima del duello tra i due, in cui Scarfoglio ferì il Vate offeso della parodia della sua Isaotta Guttadauro, che nel Corriere di Roma veniva ferocemente trasformata in Risaotta al pomodauro).
La scelta di D’Annunzio non dovrebbe sorprendere, se si considera che già in Peyrano avevo musicato l’amato Carducci. Ma un poeta vivente non l’avevo ancora musicato: e così la vera novità è per me l’aver musicato Certe volte di Pasquale Panella, testo che lui ha scritto per me ed è a me scherzosamente diretto, ad iniziare dal riferimento alla città in cui ho lavorato per vent’anni, San Francisco.

Eccoci arrivati al titolo, che proviene proprio da Panella!

Nell’anno che ha preceduto le registrazioni, Lapo Boschi mi ha organizzato dei concerti dal vivo. In occasione di un concerto luganese, ho deciso di includere la cover di Vocazione di Enzo Carella. Carella ha un’ottima dizione, ma alcuni termini proprio non riuscivo a decifrarli. E così ho scritto a Pasquale Panella, con cui sono in contatto da oltre una decina d’anni, per chiedere lumi. Pasquale mi manda una missiva alquanto dettagliata in cui non solo mi scioglie gli enigmi, ma mi analizza l’intero testo. Al che io ringrazio e lui replica con un one-liner che recita: «Si figuri: canti felice» (con Pasquale ci diamo del lei, cosa che trovo deliziosamente inattuale). E così nell’immaginare un titolo appropriato per queste 12 canzoni – di cui tre su testi di Panella – lo scanzonato, sfacciato candore di quel congiuntivo esortativo panelliano mi è parso perfetto.

Il lato B di Canti Felice – perchè stiamo sempre ragionando in termini di facciate di una cassetta – è composto da pezzi non tuoi…

Cover collezionate negli anni sono state selezionate: Carella, Battisti, Giurato e due traduzioni dall’inglese (Donovan e Syd Barrett) che mi hanno portato via molto tempo perché mi ero risoluto a rendere non solo il significato, ma anche l’esatta prosodia e perfino i suoni degli originali (con Opel in particolare, il conto era aperto da anni, e credo di averlo finalmente chiuso.)
Nel registrare il materiale, decisi di fare un disco diviso in due lati: uno di brani originali e uno di cover, ma in cui la rigidità di questo schema si stemperasse in echo e rimandi, grazie ad un dialogo tra il materiale stesso (Panella per esempio ricorre in Certe volte, Gabbianone e Vocazione). La scarna semplicità degli arrangiamenti fatti solo di voci, chitarre e sintetizzatore Aardvark disegnato dall’amico Matt Ingalls per iPhone, dona all’insieme l’ulteriore collante.

Gabbianone firmato Battisti/Panella, storico inedito, risalente al 1986. Perchè lo hai scelto?

Perchè è un brano stupefacente eppure a mio avviso non è noto quanto meriterebbe. Purtroppo è relegato nel sottoscala del sottoscala della produzione battistiana. Se il materiale Battisti/Panella è di nicchia, Gabbianone è di nicchia al quadrato. Questo mi intristiva.

La fase "bianca" di Battisti, quella dei cinque dischi con Panella, è ancora oggi oggetto di culto, tu sei uno di quei musicisti che ama in modo particolare i lavori della maturità battistiana. Secondo te quali sono le peculiarità di dischi come Don Giovanni e Hegel?

Come Panella ha notato in un’intervista recente a proposito della copertina, Don Giovanni è separato dai dischi bianchi perché nel disegno di copertina c’è un punto di rosso. Forse è per questo che il discorso di Don Giovanni si sviluppa nel disco stesso, mentre i quattro successivi sembrano fare un discorso loro proprio… Ma mentre scrivo queste parole ripenso alla continuità tra Don Giovanni e l’Apparenza: la centralità della tastiera e le molte parentele, somiglianze… (Equivoci Amici/Per altri motivi), eccetera. E la teoria cede il posto alla vertigine.
Questi dischi sfuggono. Restano in testa, e nel cuore, e ti sfuggono al tempo stesso. Li ascolti e li riascolti all’infinito: una mise-an-abîme. Si sa: gli specchi opposti non si esauriscono mai. E allora perché non immergersi nel piacere di ascoltare questa musica e questi testi accoppiarsi? Mi fa godere quanta cura c’è nel loro lavoro. Un argine che ci ripara dalla sciatteria.
Scrivo e mi viene in mente il nuovo libro di Daniela Cascella, Singed: libro in cui l’autrice cerca di ricordare una canzone tra mille canzoni spazzate via da un incendio che ha bruciato il suo appartamento londinese, riducendo in brandelli centinaia di libri e dischi. La ricerca di questa canzone, presente in maniera ossessionante nella memoria, diventa nel libro un pretesto per mettere in movimento una fascinosa spirale di risonanze e vibrazioni sonico-testuali. La canzone in questione è una delle canzoni chiave di Hegel.
Così accade: si ascoltano queste canzoni, magari anche superficialmente. Ma di colpo ci rendiamo conto che sono parte di noi, e iniziano a mancarci.

C'è anche Il tuffatore di Flavio Giurato...

Scoprii Giurato proprio con Il Tuffatore. Da ragazzino i tuffi erano il mio sport. Mi allenai per competere. Tentavo e fallivo: ma li adoravo. Nel 2007 ho scritto quello che considero uno dei miei più importanti brani pianistici, Louganis, che include il video di Terry Berlier e che ho eseguito in Australia, Argentina, Brasile, allo Stone di New York, per Monday Evening Concerts a Los Angeles… (in occasione del concerto di Los Angeles e della successiva ottima recensione nel LA Times, Greg Louganis – il più grande tuffatore di tutti i tempi e mio idolo negli anni 80 – mi scrisse un affettuoso messaggio di ringraziamento).
Nella nota che ho scritto per accompagnare l’esecuzione di Louganis, sostenevo che i tuffi sono fra le espressioni più belle e più alte che l’umanità abbia prodotto, e che sono perfetta metafora di un ciclo vitale. Tuffandosi si nasce, si muore e si rinasce. Un paio di anni dopo m’imbatto in un brano in cui Giurato scrive «Voglio essere un tuffatore per rinascere ogni volta dall’acqua all’aria». Come poteva NON essere amore a prima vista?

È facile parlare di “lo-fi”, ma qui hai messo in campo una vera e propria “filosofia sonora” che valorizza l’integrità dei brani, ed è stato decisivo per te il luogo dove sono avvenute le registrazioni.

Molto ha giocato l’aver deciso di non registrare questo disco in studio come il mio precedente Petrolio, prodotto interamente nei Fantasy Studios di Berkeley, lo studio dei Creedence Clearwater Revival, e in cui registravano Bill Evans, McCoy Tyner, Isaac Hayes (ma che ha ospitato numerose produzioni italiane di Corrado Rustici degli anni ’80, tra Zucchero e Loredana Bertè).
La scommessa era questa: registrare Canti felice utilizzando lo stesso identico setup che negli anni ’90 usai per registrare il mio primo disco, Humus: stesso registratore 4 piste a cassetta (riparato per l’occasione), stessa chitarra, stesso microfono. È facile nascondersi dietro effetti, e produzioni. Ora come allora ho pensato: se questi brani valgono qualcosa, lo si potrà verificare soltanto se si azzerano i valori voluttuari di disturbo: solo questo potrà darci la misura di quanto si è effettivamente cresciuti. Ora come allora quindi, il fruscìo del nastro, la fragilità della voce, l’imprecisione delle esecuzioni non sono semplicemente una “feature”: diventano bandiera.
Decisivo è stato l’incanto dei luoghi in cui ho registrato: metà dei brani sono stati incisi a Joshua Tree, nel lato Californiano del deserto del Mojave, in un periodo in residenza alla Harrison House; il resto è stato registrato nei boschi di sequoie di Saratoga, sempre in California, in residenza a Villa Montalvo.

Anche Canti felice esce con Skank Bloc Records, ovviamente in cassetta.
Ci dai un tuo parere sulla "scuderia" di cui fai parte e sul supporto cassetta?

Mi piace lo spirito Skank Bloc e mi piacciono le varie produzioni: Insetti nell’ambra, Griselda Masalagiken, DJ Balli…
Nonostante l’etichetta sia parigina, la relazione con Bologna – città natale di Lapo e mia città italiana d’adozione – è centrale, a iniziare dal riferimento degli Scritti Politti. Poi mi piace come lavora Lapo: abbiamo fatto assieme il missaggio di Canti felice e trovo che il metodo di lavoro sviluppato e ora ben collaudato sia ottimo. Abbiamo lavorato in grande sintonia, e a questo punto non vedo l’ora di lavorare ancora ad altri progetti.
Quanto al discorso “cassetta”: il disco è stato registrato in cassetta con un 4 piste della Vestax che possiedo da metà anni ’90. Rimettere queste tracce masterizzate su supporto cassetta concettualmente chiude un ciclo. È stata questa un’idea di Lapo che non mi ha visto per niente opposto. L’umiltà del supporto mi sembra del tutto in sintonia con questa filosofia dell’azzeramento lo-fi quasi francescana: se i brani valgono qualcosa, il valore non dipenderà dalla vanità della veste.

Esistono tanti Luciano Chessa o ti senti sempre lo stesso, sia nel dirigere Lee Ranaldo e la New World Symphony, sia nel suonare chitarra e voce davanti a un microfono?

Io mi sento lo stesso Luciano Chessa. Da un certo punto di vista, tutti i palchi del mondo sono uguali.


LUCIANO CHESSA

Nato a Sassari nel 1971, dalla fine degli anni '90 residente in USA, Luciano Chessa è un compositore, direttore d'orchestra, pianista, saggista, solista di musical saw e di dan bau vietnamita, chitarrista e suonatore di banjo.

Tra le sue composizioni spiccano l'opera sperimentale Cena oltranzista nel castelletto al lago, realizzata per il TRANSART Festival di Bolzano: un lavoro di oltre sessanta ore eseguito interamente via streaming live. Chessa ha eseguito anche su commissione numerosi progetti per il Performa di New York che per il San Francisco Museum of Modern Art; al Teatro Colón di Buenos Aires ha presentato una serie di eventi per le celebrazioni del centenario dell'Arte dei Rumori, ha partecipato al PSI International alla Stanford University, con Ellen Fullman e Theresa Wong si è esibito alla CAMH di Houston. Nel 2014 ha tenuto tre concerti al Guggenheim a New York in una retrospettiva sul Futurismo italiano, leggendo il Manifesto di Marinetti insieme a video di Jen Sachs. Con la videomaker californiana ha partecipato a due video per la mostra WWI: War of Images-Images of War al Getty Museum a Los Angeles.

La sua OFNI (Orchestra of Futurist Noise Intoners) è stata accolta dal New York Times come protagonista di uno dei più importanti eventi artistici del 2009 e ha girato il mondo: pensiamo al sold-out al Museum Of Arts di Cleveland, allo Art Science Museum di Singapore nel 2015, al Berliner Festspiele-Maerzmusik Festival (2011). Nello stesso anno Chessa ha diretto la New World Symphony insieme a Lee Ranaldo nella Biennial of the Performance Arts Performa a New York, per celebrare i dieci anni dell'Art Basel|Miami Beach. Sub Rosa ha pubblicato un doppio LP dedicato all'attività della OFNI.

Presenza intrigante, intervistata nel corso degli anni su testate come Artforum, Flash Art, Art in America, Frieze, Marie Claire, Vogue Italia e in BBC, è stato oggetto di due documentari, il primo prodotto dalla Rai nel 2014, il secondo dalla VTV1, Tv di Stato vietnamita, in occasione del suo primo viaggio in Viet Nam (2015). Chessa ha scritto Luigi Russolo Futurist. Noise, Visual Arts, and the Occult, la prima monografia in assoluto ad essere dedicata a Russolo (edita da University of California Press). Docente al Conservatorio di San Francisco, fa parte del comitato consultivo di TACET, pubblicazione dell'Université Paris 1 -  Panthéon-Sorbonne dedicata alla Musica Sperimentale , è membro della Steering Committee del San Francisco Electronic Music Festival.

La sua musica è edita da Edizioni Carrara e Rai Trade. Parallelamente alla sua attività in campo colto e sperimentale, Luciano Chessa pubblica anche canzoni con Skank Bloc Records, l'etichetta italiana con sede a Parigi, il cui catalogo è esclusivamente su nastro. Nel 2012 Skank Bloc ha ristampato il disco Peyrano (2011), nel 2014 è seguito Entomologia, l'11 maggio 2018 arriva Canti felice: lato A con brani di Chessa, lato B con cover di Lucio Battisti e Pasquale Panella, Enzo Carella, Flavio Giurato, Donovan e Syd Barrett.

Canti felice:



Skank Bloc Records:

Skank Bloc Facebook:

Synpress44 Ufficio stampa:


domenica 27 maggio 2018

TENEDLE-“Traumsender”, di Andrea Zappaterra




TENEDLE-Traumsender”
[Sussurround Live & Records 2018]
13 tracce, 56 minuti
Di Andrea Zappaterra

E’ incredibile come il genio e l’estro Italiano si sviluppi anche fuori dai patrii confini.
Ecco un altro caso, Dimitri Niccolai, fiorentino residente in Olanda da un decennio, in arte Tenedle, espressionista, elettronico e melodico, onirico e concreto, esponente dell’Avant-Pop, che ha realizzato questo magnifico “Traumsender”, un lavoro elegante e seducente che arriva a due anni di distanza da “Odd To Love”, l'album di omaggio a Emily Dickinson.
Tenedle parte ancora una volta da uno spunto extramusicale come l'Espressionismo, non separa la musica dalle altre aree del sapere ma si sviluppa come un tutt'uno, all'insegna della curiosità, dell'indipendenza artistica, del connubio tra comunicazione e ricerca, tra linguaggio di massa e sperimentazione, come testimonia anche il supporto di Solchi Sperimentali con Antonello Cresti.

«L'Espressionismo - cinema, pittura e arte del primo Novecento - è stata un'altra delle mie grandi passioni giovanili e ultimamente sembra che abbia preso l'abitudine di render omaggio alle cose che mi hanno cambiato la vita. In realtà sono anni che avevo il desiderio di realizzare una versione teatrale de “Il gabinetto del dottor calidari” ma era una follia visionaria, nessuno potrà mai essere all’altezza di ricreare quel film, cosi mi sono limitato a circondare la musica di Traumsender con un concept visuale, grafico ed emotivo che ricreasse in parte certe ambientazioni, una dedica comunque».

Synth-pop di metà anni '80 e quell'eclettismo ricercato e sofisticato, il Pop visionario e cinematografico di Tenedle trova in “Traumsender” ('Traumsender' significa 'speditore di sogni') proviene dalla lettura di “L'immaginario Medievale”, di Jaques Le Goff, nel quale il termine viene menzionato due volte sole nella stessa pagina, una breve citazione, pochissime righe, quasi una visione nel libro stesso. Il sogno, il clima onirico e surreale, l'esaltazione dell'aspetto emotivo rispetto al dato razionale penetrano fortemente nella composizione dei tredici brani.

La partecipazione di musicisti come Debora Petrina, Susanna Buffa, She Owl - Jolanda Moletta, Laura Taviani, Edoardo Bacchelli, Bert Lochs e Gabriele Marconcini, rende “Traumsender un mosaico, più che un disco solista. «Per realizzare dischi speciali ci vogliono artisti speciali. In genere non scrivo in compagnia e non amo neppure condividere troppo presto il processo di produzione, ma a un certo punto ci sono canzoni che chiamano voci, strumenti, e devo assolutamente seguire quei “richiami”. Per fortuna sono circondato e continuo ad incontrare meravigliose persone e artisti fuori dalla norma, che continuano a farmi splendidi doni con la loro presenza».

I brani sono uno più bello dell’altro, semplici, ma intrisi di grande armonia e poesia - e si sa che realizzare qualcosa che piace, con semplicità, è una dote che non tutti hanno -, musicalmente accattivanti, con l’introduzione di cori polivocali (addirittura con sovrapposizioni bitonali ) che costituiscono quella marcia in più che è palese in questo lavoro.
Seducente la melodia a due voci di “Revival” e di “The temple”, splendida l’introduzione di arpeggio sintetico di “Paracusia” con il sottofondo di basso e elctrikbongos, Ieratica e solenne anche se brevissima “Let go”, tipicamente BowinianeNo ground”  e “Spring will never come“ con il preziosismo di una tromba solista, Techno/Pop anni 80 “Stranger in my own tongue”,“Kanashibari” e” Welcome back”, austera e dolce “Zen 05:18” con la geniale voce tenorile in sottofondo in contromelodia, che costituiscono un cammeo di grande eleganza evocativa, ritmate  ed Elettro/Pop “Sentenced to death 04:59” e “Sparkle”, New Age “Last woman on Earth”.


Track list:
         
1.Revival
2.Paracusia
3.Let go
4.No ground
5.Stranger in my own tongue
6.Zen 05:18
7.Kanashibari
8.The temple
9.Sentenced to death 04:59
10.Last woman on Earth
11.Welcome back
12.Spring will never come
13.Sparkle

Biografia

Dimitri Niccolai in arte TENEDLE è autore, cantante, produttore e performer.
Nato a Firenze, vive da quasi 10 anni in Olanda.
Negli anni ha percorso e sperimentato svariate strade, esprimendosi oltre che con la musica, con diverse discipline artistiche soprattutto con le arti visive e multimediali.

Compone e realizza musiche di scena per teatro, danza e per immagini, ama sperimentare, ma è con la forma canzone che illustra le proprie visioni, visioni sempre immerse in sonorità elettroniche e contemporanee.
Dopo gli inizi con la band a Firenze (Laughing Silence) ha intrapreso il proprio percorso solista pubblicando con il proprio pseudonimo gli album “Psicfreakblusbus” (2003), “Luminal” (2005), “Alter” (2007), “Grancassa” (2010), “Vulcano” (2014) e “Odd to love - A tribute to Emily Dickinson” (2015).
Come produttore ha realizzato nel 2017 l’ultimo lavoro dei Piccoli Animali Senza Espressione intitolato “Sveglio Fantasma”.

La produzione di Tenedle è diventata nel tempo riconoscibile, definita la sua “Canzone d’autore contemporanea”, le atmosfere ricercate e oniriche di suono, testi e melodie, hanno portato stampa e ascoltatori a descrivere i suoi brani come “piccoli film”.

Dalle esperienze teatrali nasce anche la performance di Tenedle, con concerti dal vivo che fanno ampio uso di immagini.  Dal 2010 Tenedle propone, da solo o accompagnato da musicisti ospiti, spettacoli multimediali che variano grazie ad un repertorio ricco anche nella parte visiva. Nelle scorse stagioni Tenedle ha proposto i propri spettacoli in Italia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania e Spagna.



sabato 26 maggio 2018

Sunburst - “Tear off the Dakness” (2014), di Angelica Grippa


Sunburst
“Tear off the Dakness”
Di Angelica Grippa

I “Sunburst” sono una band italiana, precisamente ligure, nata nel 2012, e dopo la pubblicazione di un Ep dal titolo “New Dawn Rising”, prodotto da Tommy Talamanca dei Sadist, hanno finalmente lasciato il loro primo album dal titolo “Tear off Darkness”. 
Il disco d’esordio, rilasciato nel 2014, contiene 8 brani, e in un tempo relativamente breve, circa 40 minuti, mettono in luce le loro capacità, delineando il loro stile; stupisce profondamente che questa sia una band di così giovane formazione. Si presentano come una nuova e importante realtà italiana, dalla forte impronta modernista, spaziando da una prepotente base hard rock, specificamente alternative, contaminata dal post grunge e nu metal, tutto condito dal profumo di musica statunitense. Un ottimo lavoro strumentale sostiene brani strutturati in modo alquanto complesso, dove le chitarre sono portanti e hanno lo stesso ruolo fondamentale dei riff apocalittici.
La scaletta presenta l’alternanza fra brani più potenti senza farsi mancare le ballad e i momenti dediti alla riflessione e alla melodia.
Il disco si apre in modo prepotente , con “Follow me”, dove veloci cambi di tempo disegnano la trama di un pezzo riflessivo che viaggia veloce. Il contrasto tra un parte cantata dal sapore melodioso con una parte strumentale più rock e ‘aggresive’ si delinea con forza in “Something real”. Number three “The Flow”, uno dei miei pezzi preferiti, sarà per l’impronta di band come i Soundgarden, o per il Nu metal che le fa da padrone: ma quanto sono bravi questi ragazzi?
Segue la powerballad “Be yourself”, emozione allo stato puro, accostamento ben riuscito fra anima e rock con annessa performance vocale alle stelle. “Left Behind”, trainato dalle chitarre acustiche, ci dona un pezzo che risalta le capacità interpretative del singer; segue la grinta inesorabile di “Unforgiven”, style ‘stoner’: c’è spazio per tutto ma solo di ottima qualità, anche per un modern thrash. Penultimo pezzo in coda “Anotherday”, ancora stupisce, si lascia ascoltare, una piacevole classic ballad, i momenti che ci fanno pensare e respirare.  Ancora ‘strong rock’ in chiusura con “Rising”, ottimo livello, parti dolci e melodiose lasciano spazio all’impronta forte  che questa band è capace di dare. L’atmosfera ricostruita e predominante si tinge di una dolce e grigia malinconia, disco intriso a più riprese da un coinvolgente American Style.
Registrato presso i Greenfog Studios di Mattia Cominotto ha un songwriting curato al dettaglio e una parte strumentale fenomenale. Questo disco delinea in modo limpido l’identità di una band che vuole imporsi nel panorama musicale di questo genere, non possiamo che augurarvi buon lavoro e una lunga e soddisfacente carriera. Good Luck, New Italian Rockers!
9/10

Biografia

I THE SUNBURST sono una band Alternative Metal con influenze Alternative Rock e Post-Grunge. A partire dal proprio debutto, nel 2014 con ‘Tear Off The Darkness’, il quartetto originario di Savona si è impegnato in un intensa attività live e ha condiviso il palco insieme ad artisti di fama nazionale e internazionale come Primal Fear, Punkreas, Alteria, Kutso, Richie Ramone e altri per poi imbarcarsi in un tour europeo da headliner che ha fatto tappa in Italia, Austria, Slovacchia, Polonia, Lettonia, Lituania e Repubblica Ceca. Nel 2017 iniziano i lavori per ‘Resilience & Captivity’, seconda fatica discografica della band, che verrà pubblicata da Volcano Records.






venerdì 25 maggio 2018

Jimi Hendrix: accadeva il 24 e 25 maggio del 1968 a Roma


Due giorni da ricordare con un targa al Teatro Brancaccio di Roma...
Il 24 e 25 maggio 1968 Jimi Hendrix sconvolse il pubblico romano con due micidiali concerti…
di tutto un Pop
Wazza








giovedì 24 maggio 2018

Il progetto "Carnascialia": accadeva nel maggio del 1979



Il 24 e 25 maggio 1979 veniva presentato dal vivo a Roma il progetto “Carnascialia”, ideato da Pasquale Minieri e Giorgio Vivaldi del Canzoniere del Lazio.

Un gruppo di 14 elementi, una specie di orchestra popolare; nel disco era presente anche Demetrio Stratos, che recita le strofe di "Fiocchi di neve e bruscolini": fu pubblicato dopo pochi mese della scomparsa dell’ex cantante degli Area.
Dal vivo erano presenti come ospiti Mauro PaganiTeresa De SioAres TavolazziWalter Calloni...
Un disco da rivalutare, una miscela di world music, folk, jazz!
Wazza